sabato 30 giugno 2007

Nuovo logo del blog - by Laura


Falco

Fu il sogno di volare solitario
là dove soltanto il falco va
ma era ancora incerto come un pulcino bagnato
che cerca di tornare nel guscio appena nato
e di quel falco cacciator di stelle
pur non avendo le ali mai
gli venne il naso e gambe
a guadagnare un ramo sospeso
e gli occhi andarono lontano
e senza peso...

lunedì 25 giugno 2007

Photo

Rieccomi qui dopo un po' di giorni di pigrizia blogghese!
Vi segnalo che a questo link ci sono le foto del concerto di Baglioni a Treviglio da me modestamente scattate!

sabato 9 giugno 2007

La scienza spiega anche il déjà-vu. Peccato.

Trovarsi in un luogo per la prima volta e avere la certezza matematica di essere già passati di là. Avere una conversazione con un amico e per un attimo sentire che quelle stesse parole le abbiamo già dette e già sentite, in quell'ordine esatto. Chissà dove, chissà quando. Il déjà-vu: un fenomeno 'onirico', tanto affascinate quanto inquietante, che è nell'esperienza di tutti e che non siamo riusciti finora a spiegare scientificamente. Oggi un gruppo di ricercatori americani ha identificato quella parte del cervello responsabile di questa sensazione e già si pensa a una nuova strada per le terapie correlate coi problemi della memoria. Al cuore del cervello umano l'ippocampo è un calcolatore che immagazzina ed che elabora le informazioni collegate alla memoria, fa una mappa dei luoghi e delle esperienze e li archivia per usi futuri. Ma quando due esperienze iniziano a somigliarsi troppo, queste mappe mentali si sovrappongono e in qualche modo si confondono. "Il fenomeno del déjà-vu capita quando questa capacità che abbiamo tocca i suoi limiti" dice il professor Susumu Tonegawa, professore di biologia e neuroscienze al Massachusetts Institute of Technology di Boston. Premio Nobel per la medicina nel 1987, il professor Tonegawa ha presentato i risultati della sua ricerca sul fenomeno del déjà-vu nel numero di Science in uscita oggi.

Si tratterebbe, dunque, proprio di un malfunzionamento del cervello nell'elaborare nuove informazioni. Una problema collegato con la memoria episodica. "L'efficacia di questa capacità che abbiamo è fondamentale per animali intelligenti come l'essere umano, perchè permette di organizzare l'informazione presente rendendola fruibile per il futuro" dice il professor Tonegawa. La sua équipe ha fondato la ricerca su una piccola colonia di topi il cui cervello era stato geneticamente modificato. Una parte precisa del loro ippocampo, infatti, quella chiamata dentate gyrus, era stata privata di un gene, quello cruciale nella gestione di questa capacità del cervello. Privi di questa abilità, i topi sono stati spostati da una gabbia ad un'altra simile, e poi di nuovo riportati nella prima. In una delle due gabbiette i topi venivano colpiti da una leggera scossa elettrica alle zampe; nell'altra gabbia invece no. Gli scienziati, allora, hanno notato che i 'topi modificati' associavano entrambe le gabbie con l'idea del pericolo e cominciavano a irrigidirsi quando venivano portati indifferentemente nell'una o nell'altra: non erano in grado cioè di determinare in quale delle due gabbie venivano colpiti dalla scarica elettrica.

Allo stesso esperimento è stato sottoposto un gruppo di topi non geneticamente modificati che, invece, si irrigidivano soltanto quando venivano introdotti nella gabbia davvero pericolosa. Quando i ricercatori hanno testato l'attività del cervello di queste cavie hanno avuto la conferma che, nel caso dei 'topi modificati' la reazione era la stessa per entrambe le gabbie, mentre il cervello dei topi sani reagiva differentemente nelle due diverse situazioni. Tonegawa ha spiegato che la capacità della memoria che consente agli umani di distinguere velocemente luoghi, facce ed esperienze diverse è collegata all'età e che va impoverendosi nell'invecchiamento. Ed è per questo che spiega: "Dal momento che conosciamo il ciclo a livello molecolare e cellulare di questi processi abbiamo la possibilità di creare farmaci in grado di potenziare queste connessioni". Una strada nuova, insomma , si apre per terapie che combattono malattie neurodegenerative come il morbo di Alzheimer. La ricerca di Tonegawa offre la risposta a una domanda - qual è la radice scientifica déjà-vu? - e spiega un fenomeno che ha appassionato la psicologia, la neurologia e le scienze per anni. E cha ha inquietato un pochino la vita di ciascuno.

(da Corriere.it, 8 giugno 2007)