domenica 11 novembre 2007

Religioni

A questo indirizzo ho trovato un simpatico test che consente di verificare quale sia la migliore religione per ciascuno di noi: vi invito a farlo, è abbastanza divertente.
I miei risultati sono stati i seguenti (non che mi abbiano stupito, in realtà...):

Il tuo risultato è Cristianesimo. Le tue credenze si avvicinano maggiormente a quelle del Cristianesimo. Fai qualche ricerca a riguardo e considera l'idea di diventare cristiano se non lo sei già. Il Cristianesimo è la seconda delle tre grandi religione monoteistiche. Segue l'Ebraismo ed è seguita dall'Islam. Differisce nella figura di Gesù, visto non come un profeta o una figura storica, ma come l'incarnazione di Dio, e la Sacra Trinità è il concetto che Gesù assume tre forme: il Padre (Dio), il Figlio (Gesù) e lo Spirito Santo. Gesù predicò l'idea dell'amore e del perdono al posto della vendetta, anche verso i propri nemici. I cristiani credono che Gesù morì sulla croce per salvare gli uomini e perdonarli dei loro peccati. Nel corso della storia il Cristianesimo si è frammentato in numerosi culti e dottrine, creando spaccature all'interno della Cristianità.

Cristianesimo
100%

Ebraismo
80%
Confucianesimo
80%
Buddismo
75%
Satanismo
40%

Islam
40%
Induismo
40%

Paganesimo
30%
Paranormale
25%

Agnosticismo
10%
Ateismo
0%

martedì 6 novembre 2007

Lunga è la notte

Un particolare mi ha colpito delle ultime ore di vita di Enzo Biagi. L'altro giorno le figlie hanno raccontato ai cronisti che il padre, dopo essersi svegliato, dal letto dell'ospedale chiedeva e si informava sugli ultimi fatti di attualità. Cronista fino all'ultimo, verrebbe da dire, con una frase fatta.

Dopo decenni trascorsi a raccontare i fatti per gli altri, a vivere in prima persona gli eventi per poterli testimoniare ai lettori e ai telespettatori, anche dal suo ultimo letto Biagi si è informato, ha voluto sapere, ha chiesto. Un "difetto" che è intrinseco nei cronisti, mi viene da pensare. Anche quando ormai non c'è più nessun lettore, anche quando non servirebbe più riferire ad alcuno quello che si è segnato nel taccuino della memoria. Una deformazione professionale che forse soltanto chi è "del mestiere" riesce a comprendere senza scambiarla per morbosa curiosità o per inutile interessamento. Di Biagi ho sempre apprezzato l'umiltà, il senso di servizio che traspariva dai suoi testi, il desiderio di informare chi sta dall'altra parte della pagina. Un insegnamento di umiltà: perché quando la pagina è bianca e va rimpita viene automatico pensare che dall'altra parte possa leggere il tuo pezzo chiunque. E tu sai che lo scrivi per tutti, non per una parte politica, non per far piacere a qualcuno. Per tutti: dalla nonnina in pensione all'imprenditore in carriera, dallo studente al pendolare, dall'operaio al dirigente aziendale.

E allora ti autoimponi di essere corretto con tutti loro, perché glielo devi: perché andranno a comprare il tuo giornale e perché loro stessi ti chiedono di raccontargli quanto non hanno potuto vedere di persona. E poi essere corretti con i lettori significa essere corretto anche con te stesso, essendo tu il primo lettore del tuo pezzo. È un onore scrivere, caro Biagi: l'ho imparato anche da lei. O meglio, i suoi testi me l'hanno insegnato: che poi io l'abbia in effetti imparato, non devo certo essere io a dirlo. Ma ho capito che è un onore andare "sul posto" a seguire un fatto di cronaca. Ecco perché mi sono sempre autoimposto l'imparzialità. Ecco perché di lei ho cercato di imitare l'umiltà, il fatto di non sbandierare mai di essere giornalista come fosse un vanto.

Stare invece in disparte, a osservare, a prendere nota per riportare al meglio i fatti, senza troppe intromissioni. Lì nella mia libreria c'è uno dei suoi testi, "Lunga è la notte". Ora per lei è notte davvero. Ma qualora si dovesse essere risvegliato da qualche altra parte, so che la prima cosa che, taccuino alla mano avrà chiesto, sarà stata: "Cos'è successo?".